Mondiali di Calcio

Brasile – Cile: 4-3 (d.c.r.). La Selecao è ai quarti, il Cile eliminato all’ultimo rigore

Neymar e compagni passano in vantaggio, si fanno raggiungere da Sanchez e soffrono fino al 120', quando il cileno Pinilla colpisce in pieno la traversa a Julio Cesar battuto. Fatale, per la Roja, l'ultimo penalty calciato su palo da Jara

Di un soffio, rischiando di affondare, aggrappato con le unghie e con i denti a un Mondiale che deve essere suo, il Brasile conquista i quarti di finale ai calci di rigore. La Coppa del Mondo di un Cile ‘bello e perdente’ finisce sul palo contro cui si stampa il penalty di Jara. Prima la Roja aveva sbattuto contro i guanti di Julio Cesar, due tiri dal dischetto parati e un grande intervento su Aranguiz nel corso della partita. Suona strano che il Brasile del futebol bailado finisca per ringraziare il suo portiere già al primo turno a eliminazione diretta. Ma questa è la Selecao, al momento.

Lo conferma anche l’1- 1 maturato contro il Cile, che esce dalla Coppa a testa altissima dimostrando d’essere una nazionale con un futuro davanti. Gli uomini di Sanpaoli gelano addirittura il sangue dei 60mila di Belo Horizonte al 119’, quando il tiro del cagliaritano Pinilla colpisce in pieno la traversa. Sarebbe stato il Mineirazo, sessantaquattro anni dopo la tragedia sportiva del Maracanà. E invece i legni salvano Felipe Scolari e una squadra che continua a denotare difetti di fabbrica. Contro la Roja, il Brasile attacca ma lascia il pallino del gioco all’arrembante Cile, che a fine primo tempo ha il 57 per cento di palla e dimostra d’avere tutte le carte in regola per il colpaccio. Il commovente spot dei minatori sopravvissuti all’incidente in miniera deve aver davvero scolpito l’anima di Vidal e compagni. Difendono, raddoppiano, a volte triplicano soffocando i verdeoro.

Che rispondono con l’arma più efficace che dimostrano d’avere: corsa e palla a Neymar. E’ ancora l’asso del Barcellona il migliore in campo in una Selecao che pur con l’inserimento di Fernandinho per Paulinho a centrocampo, continua a peccare di equilibrio. E di un punto di riferimento davanti, dove Fred (schierato all’inizio) e Jo hanno caratteristiche che non s’incastrano con il gioco sviluppato dai compagni nell’avvicinarsi alla porta. Tant’è che il gol del vantaggio, dopo uno sterile predominio territoriale, arriva su un calcio d’angolo spizzato da Thiago Silva e corretto in porta da David Luiz. In fase offensiva il Brasile mostra poco altro di davvero pericoloso nei primi 45 minuti, mentre conferma le sensazioni d’incertezza in difesa. Il pareggio di Sanchez è ai limiti della comicità perché nasce da un erroraccio MarceloHulk su un’innocua rimessa laterale che innesca Edu Vargas e porta al gol l’attaccante ex Udinese, grazie anche a una reazione lenta di Julio Cesar.

L’equilibrio favorisce il Cile, bravo a sfruttare la vulnerabilità della Selecao in fase difensiva e la scarsa propensione a imporre il ritmo. Quello della Roja è forsennato, nonostante le condizioni precarie di molti elementi chiave. Isla e Mena salgono molto, Vidal sembra non sia mai passato in una sala operatoria pur essendoci finito meno di due mesi fa. Il Brasile troverebbe anche il secondo gol con Hulk, ma secondo Webb il giocatore dello Zenit stoppa con il braccio prima di calciare. Il nuovo vantaggio del Cile è invece negato da Julio Cesar che dice no ad Aranguiz dopo una grande azione sviluppatasi ancora sulla destra, dove Marcelo è davvero tenero quando deve coprire. La gara è sostanzialmente senza padrone, la caccia è sempre aperta ma non basta l’ultimo quarto d’ora di spinta brasiliana per cambiare il risultato, nonostante le buona occasioni per Jo, Neymar e Hulk. E nei supplementari scendono ritmi ed emozioni, la tensione la fa da padrone. Fino al tiro di Pinilla che fa tremare la traversa e lascia senza respiro tutto il Paese. Il Brasile vede il baratro ma Julio Cesar ci mette i guantoni e Neymar si carica il peso del rigore decisivo. Avanti la Selecao, che con questa partita può aver imparato a gestire e vincere la pressione del Mondiale da conquistare. Resta il gioco povero, tutto O’Ney e falcate. Basterà per arrivare (e trionfare) a Rio il 13 luglio?

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